La lingua segreta delle stelle

In una notte senza vento, Luca salì sul colle dietro casa. Aveva diciassette anni e la sensazione di essere intrappolato in un paese troppo piccolo per i suoi sogni. Sopra di lui, il cielo si stendeva come un libro aperto, con miliardi di segni tracciati in un inchiostro che nessun uomo avrebbe potuto imitare.

Si sdraiò sull’erba, lasciando che il fresco della terra gli entrasse nelle ossa. Le stelle sembravano vicine, quasi a portata di mano. Immaginò che fossero lettere, ogni costellazione una parola, ogni scia luminosa una frase tracciata in fretta da una mano invisibile. Cercò di leggere quel testo silenzioso, ma più fissava, più il significato gli sfuggiva.

Eppure, sentiva che un messaggio c’era. Forse non parlava in un linguaggio umano, ma in quello universale del desiderio: il bisogno di andare oltre, di cercare un posto dove i propri sogni non siano costretti a restare chiusi in un cassetto.

Quella notte Luca capì che non avrebbe trovato la traduzione perfetta di quella scrittura celeste. Ma comprese anche che il suo compito era seguirne il senso, non le parole. E il senso gli diceva: alzati, parti, e non smettere mai di guardare in alto.

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