Quante volte ti sei sentito invisibile? Riunioni interminabili, email ignorate, discussioni dove chi alza di più la voce sembra avere ragione. Ma il vero potere non è il volume delle parole. È il peso silenzioso delle azioni. È il coraggio di chi avanza anche quando nessuno lo applaude.

Questa convinzione nasce da una storia che porto nel cuore: quella di mio nonno Ernesto. Era un uomo che non aveva bisogno di alzare la voce per farsi rispettare. Il suo potere era fatto di gesti concreti, di coerenza, di silenzio. Strappato alla sua terra per combattere una guerra che non era la sua, trovò il suo alleato più fedele non in un commilitone, ma in una mula: Bianchina.
Con lei non servivano parole. Bastavano uno sguardo, una carezza. Insieme affrontarono il gelo e il fango, le marce infinite e la paura. Quando Bianchina venne uccisa per un atto di insensata crudeltà, Ernesto capì che era il momento di cambiare, di non limitarsi a “sopravvivere”. Divenne partigiano. Fece la sua scelta non con discorsi altisonanti, ma con azioni che parlano ancora oggi.

Questa storia mi ha insegnato qualcosa che vedo rispecchiata anche nei giorni nostri, in un contesto diverso ma ugualmente drammatico: Gaza.
Lì, gli asini non sono solo animali. Sono ambulanze improvvisate quando i mezzi di soccorso non possono passare, sono carri funebri per chi non tornerà più, sono l’unico modo per trasportare acqua e cibo tra le macerie. Un veterinario di Gaza lo ha detto chiaramente: “Se queste persone non avessero gli asini, morirebbero.” Eppure, centinaia di questi animali vengono oggi portati via, trasferiti in Europa sotto l’etichetta di “salvataggio”, lasciando famiglie intere senza l’unico mezzo per sopravvivere. È un esodo silenzioso che priva i più deboli di un sostegno vitale.
Questa vicenda mi ha fatto riflettere: quante volte il “potere” viene esercitato togliendo voce e strumenti a chi non può difendersi?
Proprio come mio nonno quando perse Bianchina, i gazawi si trovano oggi con un vuoto improvviso, una ferita che non è solo materiale, ma anche emotiva.
Ernesto, in quel momento, non fece proclami. Agì. Passò dall’essere un soldato obbediente a un uomo libero, un partigiano. Ecco dove sta il vero potere: nella forza di fare la scelta giusta, anche quando costa tutto.
La storia di Ernesto e della sua Bianchina è il cuore del mio romanzo Il Cammino del Partigiano. Non è solo un racconto di guerra: è un viaggio dentro il significato della lealtà, del coraggio e della resilienza. È una bussola per chi oggi, come allora, si chiede da che parte stare.
Se senti che è il momento di smettere di urlare e di iniziare a costruire la tua forza attraverso gesti concreti, questa è la storia che stavi aspettando.
