
Martedì mattina. Tu, il computer, un caffè fumante. Devi pubblicare qualcosa.
La tua associazione, la tua fondazione, la tua cooperativa… ogni giorno fa miracoli. C’è Elena che ricomincia a sorridere, Marco che per la prima volta dice “voglio lavorare qui”.
Eppure, sui social… silenzio.
Il post della settimana scorsa: 12 like. La raccolta fondi: un disastro.
Se questa sensazione ti suona familiare, non sei solo. La verità scomoda? Oggi non competi più solo con le altre non-profit. Competi con Netflix, con i video dei gattini, con le notizie di cronaca.
In questo scenario, non basta fare il bene. Bisogna raccontarlo. E raccontarlo bene.
Spesso, l’invisibilità non dipende dalla tua missione, ma da errori strategici che la soffocano. Ho analizzato centinaia di comunicazioni non-profit e ho distillato i 10 errori più comuni. Dieci trappole che trasformano il tuo valore in silenzio.
1. L’Errore “Noi-centrico”: Parlare solo di te
L’errore: Il tuo sito e i tuoi social sono un elenco di “chi siamo”, “cosa facciamo”, “il nostro statuto”. La tua organizzazione è la protagonista di ogni singola frase.
Perché è un errore: Le persone non si connettono con le strutture; si connettono con le persone. Nella tua storia, l’organizzazione non è l’eroe. Il beneficiario è l’eroe. Tu sei il mentore, la guida che lo accompagna nel viaggio. Sposta i riflettori da “noi” a “lui”.
2. Comunicare Statistiche, non Storie
L’errore: “Nel 2024 abbiamo aiutato 500 persone”. Numeri freddi, dati, percentuali. Pensi di dimostrare serietà, ma stai solo annoiando.
Perché è un errore: Il cervello logico legge il dato, ma è il cervello emotivo (il sistema limbico) che decide di donare. E lui non sente nulla. La scienza è chiara: le storie attivano 7 aree cerebrali (i dati solo 2). Ricordiamo il 65-70% delle storie. “Luca oggi ha sorriso per la prima volta in tre anni” rilascia ossitocina, l’ormone dell’empatia. Spinge all’azione. “500 persone” no.
3. Parlare come un Bando (non come un Umano)
L’errore: Usi un linguaggio “istituzionale”, burocratico, pieno di acronimi. “L’organizzazione XY organizza un evento di raccolta fondi finalizzato all’acquisto di…”. Addormentato? Anche i tuoi lettori.
Perché è un errore: Questo tono di voce crea distanza. Annoia. Respinge. Invece di “finalizzare l’acquisto”, prova: “Vuoi aiutarci a realizzare il sogno di Marco?”. Stesso obiettivo, ma questo è caldo, empatico, invita alla connessione. Definisci la tua personalità: formale o empatica? Scegli. E poi sii coerente.
4. La Sindrome da “Foto Perfetta” (e Finta)
L’errore: “Non abbiamo un fotografo, quindi non pubblichiamo”. Oppure, peggio, usi foto stock fredde, impersonali, finte.
Perché è un errore: Le persone cercano connessione, non perfezione. L’autenticità batte la perfezione tecnica. Sempre. Un video tremolante fatto con uno smartphone, che mostra la gioia (e la farina) di un laboratorio di cucina, può generare 60.000 visualizzazioni e 15 nuovi volontari. Perché? Perché è vero.
5. L’Improvvisazione (“Pubblichiamo Quando Capita”)
L’errore: Non hai un piano. Pubblichi quando ti ricordi, quando c’è l’urgenza, quando “hai tempo”. I tuoi social media sono un cimitero digitale, con post ogni tre mesi.
Perché è un errore: Pubblicare “quando capita” significa essere invisibili. Un piano editoriale trasforma la tua comunicazione da “reattiva” (rincorri l’urgenza) a “proattiva” (costruisci una narrazione coerente). Gli algoritmi premiano la costanza, non la frequenza spasmodica seguita dal silenzio.
6. Confondere il Calendario con il Piano
L’errore: Pensi di avere un piano, ma in realtà hai solo un calendario. Sai cosa pubblicare lunedì e cosa martedì.
Perché è un errore: Immagina di andare da Roma a Stoccolma. Il calendario è l’itinerario (lunedì tappa a Bologna). Ma il Piano Editoriale è la mappa: ti dice perché vai a Stoccolma (il tuo obiettivo) e quale strada prendere (la tua strategia). La maggior parte delle non-profit ha un itinerario, ma nessuna mappa. Risultato? Si pubblicano contenuti bellissimi che non portano donazioni.
7. Parlare a “Tutti” (che significa “Nessuno”)
L’errore: Domanda: “A chi stai parlando?”. Risposta: “A tutti! Famiglie, donatori, istituzioni, volontari…”.
Perché è un errore: Quando parli a tutti, non parli a nessuno. Un figlio che cerca una struttura per un genitore ha bisogni diversi da un’azienda che valuta una partnership. Un piano strategico segmenta. Identifica i pubblici prioritari (stakeholder). Crea contenuti su misura per loro.
8. Inseguire le “Vanity Metrics” (Like e Follower)
L’errore: Hai 8.000 follower e ne vai fiero. Il tuo obiettivo principale è “aumentare i like”.
Perché è un errore: I like non pagano gli stipendi e non salvano i progetti. C’è chi ha 8.000 follower, ma solo 47 donatori (lo 0,58%). Sono follower, ma è una community fantasma. Smetti di misurare ciò che è facile (i like). Inizia a misurare ciò che conta: il tasso di conversione, i donatori attivi, i nuovi volontari.
9. L’Errore dell’Ubiquità (Essere ovunque, male)
L’errore: “Dobbiamo essere su TikTok! E su LinkedIn! E su Instagram!”. Apri 5 canali e li gestisci tutti male, pubblicando la stessa identica cosa ovunque.
Perché è un errore: È la tentazione dell’ubiquità. La Regola d’Oro è spietata ma efficace: Meglio presidiare bene 2 canali che male 5. Dove sono i tuoi stakeholder davvero? Se cerchi giovani volontari, vai su Instagram. Se cerchi aziende partner, vai su LinkedIn. Focalizza le tue (limitate) risorse.
10. Dimenticare il “Perché” (La Missione Disconnessa)
L’errore: La tua mission nello statuto parla di “promuovere l’autonomia”. Ma i tuoi ultimi 20 post sono un mix di: foto di eventi, auguri di Natale e comunicazioni istituzionali.
Perché è un errore: C’è un disallimento totale tra ciò che dichiari e ciò che le persone percepiscono. I tuoi valori (es. “inclusione”) non sono concetti astratti. Sono Marco che propone un’idea in riunione. Sono il laboratorio accessibile. Queste sono le storie che devono popolare il tuo piano.
Dagli Errori all’Impatto: La Tua Prossima Mossa
Se ti sei riconosciuto in almeno tre di questi errori, non preoccuparti: sei in ottima compagnia. Ma ora hai una scelta.
Puoi chiudere questo articolo e tornare alla routine, sperando che il prossimo post, per caso, funzioni.
Oppure puoi smettere di improvvisare e iniziare a costruire una strategia.
Questi 10 errori sono solo la punta dell’iceberg. Il vero lavoro inizia quando decidi di trasformare la tua comunicazione da un costo “reattivo” a un investimento “proattivo”.
Vuoi smettere di essere invisibile e iniziare a convertire le tue storie in impatto misurabile?
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Non lasciare che la tua missione resti in silenzio.
