Quando la cultura smette di essere un diritto e diventa un premio?
Questa non è una domanda filosofica. È la domanda che si nasconde dietro la nuova “Carta Valore” per i neodiplomati, una misura che brilla sulla carta. Promette libri, teatri, musei, concerti.
Ma grattiamo via la vernice dorata.
Cosa troviamo sotto? Troviamo una condizione, un asterisco. Troviamo un messaggio potente che rischia di definire un’intera generazione.
L’asterisco che fa la differenza
Immagina quel ragazzo. L’adolescenza è un campo minato di interrogazioni, scelte difficili, ansie. Finalmente, il diploma. La porta che si apre sul mondo adulto, sulla cittadinanza.
Ed ecco che arriva la Carta Valore. Un riconoscimento, un incoraggiamento.
Ma.
C’è un “ma”. Ti offriamo l’accesso alla cultura se hai conseguito il diploma entro i diciannove anni.
Se rientri nei tempi, è un premio. Se non rientri, il messaggio sottile, ma brutale, è questo: “Sei lento. Sei fuori.”
La Nazione degli Esclusi
La misura è chiara. È un bisturi. E chi taglia via, esattamente?
Taglia via chi è stato bocciato. Chi ha avuto ritardi, interruzioni. Chi ha lottato con problemi personali o di salute. Chi ha scelto percorsi professionali diversi, magari più lenti, ma non per questo di minor valore.
Per chi resta fuori, non è solo una perdita materiale. È un timbro. Un giudizio.
È una domanda che si pianta nell’anima: “Se non rientro nei tempi, cosa significa? Non ho valore?” Non è retorica. È il dubbio concreto che avvelena la mente di un giovane in formazione.
La Ferita Identitaria
Il nome stesso è un capolavoro di ingegneria linguistica: “Carta Valore“.
Il messaggio implicito è devastante: Hai valore se raggiungi il traguardo nei tempi. Resti senza valore se il tuo percorso è diverso.
Per un adolescente che ha vissuto una storia non lineare, che ha incontrato ostacoli, quella parola, “esclusione”, diventa una ferita identitaria.
Non è “perdere un bonus”. È sentirsi dire: “Tu non sei previsto. Tu non hai diritto. Tu, per noi, non esisti nel patto sociale.”

Stiamo Rimuovendo gli Ostacoli, o Creandone di Nuovi?
La nostra Costituzione (Art. 3) non parla di bonus. Parla di dignità. Afferma che tutti i cittadini sono eguali “senza distinzione di condizioni personali e sociali”.
Non parla di tempi limite. Parla di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona.
Quindi, la domanda è semplice: come può una misura che crea un ostacolo (l’età) essere in linea con un principio che vuole rimuoverli?
Mentre il dibattito pubblico si arena su tasse, debito e pensioni, stiamo lasciando passare un’inversione di paradigma letale. Stiamo trasformando un diritto strutturale in un premio.
La cultura diventa una soglia da superare, non un orizzonte da garantire.
La Vera Carta Valore
La vera Carta Valore non è quella caricata su una tessera digitale. È la Costituzione. È la promessa che scriviamo ogni giorno scegliendo che tipo di Paese vogliamo diventare.
Riconoscere la cultura come diritto significa investire in accessi liberi, non vincolati a una tempistica perfetta. Significa che il bilancio dello Stato non è solo una tabella di numeri, ma una dichiarazione di intenti.
La scelta è solo nostra. Vogliamo essere il Paese dei bonus a tempo, o il Paese dei diritti per tutti?
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