Salta al contenuto
Skip to content
Tommaso Autore Tommaso Autore

Tommaso Autore
Tommaso Autore

Marshal Power: Quando la Guerra Gioca da Sola

Posted on 31 Ottobre 202531 Ottobre 2025 By tommaso

Cronaca di una guerra civile per errore

Erding, Baviera. La guerra è arrivata in Germania. Senza preavviso, senza dichiarazioni, senza mandare nemmeno una cartolina di cortesia. È arrivata di mercoledì pomeriggio, vestita da se stessa, armata fino ai denti, pronta a difendere la patria. E ha cominciato a sparare. A se stessa.

Immaginate la scena.

Una frazione bavarese addormentata nel sole d’ottobre. Fienili, strade di campagna, quella pace tedesca che profuma di ordine e wurstel. E all’improvviso: uomini incappucciati, in mimetica, armati di fucili d’assalto che si aggirano tra gli edifici rurali. Uno spettro che ogni europeo ha imparato a temere in questi anni di tensioni. L’invasione. È arrivata.

I cittadini non ci pensano due volte. Chiamano la polizia. Quella vera, non quella dei film. E la polizia arriva. Madonna se arriva.

Forze ingenti. Elicotteri in volo. Il circo completo dell’emergenza nazionale. Gli agenti circondano l’area. Vedono gli uomini armati. Molti. Troppi. Scheisse. Non è un pazzo isolato. È un’operazione militare.

Respirano. Prendono posizione. Preparano le armi.

E qui comincia il balletto dell’assurdo.

Dall’altra parte, i soldati della Bundeswehr (perché sì, erano soldati tedeschi, ma nessuno l’aveva capito) vedono arrivare la polizia tedesca e pensano: “Perfetto! La simulazione funziona! Sono arrivati i ‘nemici’ proprio in orario, che efficienza!”

Aprono il fuoco con munizioni a salve. Bang bang. Fumo. Adrenalina. Realismo puro.

La polizia sente gli spari. Vede i lampi. Sente il fischio dei proiettili (falsi, ma questo non lo sa). E fa ciò che ogni poliziotto addestrato farebbe di fronte a terroristi che sparano: risponde col piombo. Quello vero.

PAM.

Un soldato cade. Colpito al volto.

Silenzio. Qualcuno urla nello sconcerto: “Sind wir Deutsch! SIND WIR DEUTSCH!” Siamo tedeschi!

Troppo tardi. La Germania ha appena sparato alla Germania pensando che la Germania stesse invadendo la Germania.

Benvenuti nell’esercitazione “Marshal Power”. Ottocento persone, 500 soldati, 300 civili tra polizia, pompieri e soccorritori, riunite per simulare la difesa nazionale da un attacco straniero. Peccato che nessuno avesse avvisato i protagonisti principali: la polizia locale e i cittadini.

“È stato un errore di comunicazione,” dichiarano poi le autorità.

Un errore di comunicazione.

Come dire che il Titanic ha avuto “un piccolo inconveniente con un cubetto di ghiaccio”. Come dire che Hiroshima è stata “una giornata calda”.

La polizia sapeva dell’esercitazione, certo. Ma pensava iniziasse giovedì. Non mercoledì. Un giorno di differenza. Ventiquattro ore. Che vuoi che sia? Le invasioni possono aspettare, no? Mica siamo barbari che attacchiamo senza rispettare il calendario.

I cittadini? Completamente all’oscuro. L’esercito aveva pubblicato informazioni sì, ma vaghe, generiche, il genere di comunicazione che ottiene lo stesso effetto pratico di un sussurro nel mezzo di un concerto heavy metal.

E così il ministro della Difesa ha ordinato una revisione dei protocolli mentre sui social tedeschi esplodeva una risata isterica, quel tipo di risata che ti prende quando l’assurdo è così totale che piangere sarebbe inadeguato.

Qualcuno ha evocato gli Sturmtruppen di Bonvi. Altri hanno postato meme su “l’efficienza tedesca”. Ma sotto le risate, sotto l’imbarazzo nazionale, c’è qualcosa di più inquietante che nessuno vuole guardare in faccia.


Il Gioco Mortale

Fermiamoci. Respiriamo. Guardiamo bene cosa è successo davvero.

Ottocento adulti, equipaggiati con milioni di euro di tecnologia militare, pagati dallo Stato, addestrati per anni, si sono riuniti per giocare alla guerra. Hanno deciso chi era amico e chi nemico. Hanno tracciato linee immaginarie. Hanno stabilito regole. Hanno detto: “Facciamo finta che…”

E poi altri adulti, con altre uniformi, altre regole, altro addestramento, sono entrati nel gioco senza sapere che era un gioco.

E qualcuno si è fatto male sul serio.

Non vi suona familiare?

Ogni guerra che è mai stata combattuta segue esattamente questo copione. Adulti che tracciano confini sulla terra e dicono “questo è nostro, quello è vostro”. Adulti che decidono chi appartiene alla squadra blu e chi alla squadra rossa. Adulti che distribuiscono uniformi diverse, lingue diverse, bandiere diverse, e poi si sparano addosso per difendere linee che hanno tracciato loro stessi.

La differenza tra i bambini che giocano alla guerra nel cortile della scuola e i soldati che si esercitano in Baviera? I bambini, quando cadono, gridano “Mi hai preso!” e poi si rialzano ridendo. I soldati cadono davvero. E qualcuno deve raccoglierli.

Ad Erding è successo qualcosa di straordinariamente onesto: per una volta, la maschera è caduta. Non c’era nemmeno la finzione del nemico straniero, del diverso, dell’altro. Erano tutti tedeschi. Tutti credevano di stare difendendo la Germania. E si sono sparati comunque.

Perché? Perché avevano uniformi diverse. Perché nessuno aveva spiegato bene le regole. Perché nell’istante dello scontro, nell’adrenalina del momento, non importava la nazionalità, la lingua, la storia comune. Importava solo: “Chi sta sparando è con me o contro di me?”

E questo, amici miei, è sempre la guerra. Sempre. Solo che di solito vestiamo il copione con giustificazioni più elaborate.


L’Illusione della Separazione

C’è un’antica storia zen. Un maestro chiede al discepolo: “Dove finisce la tua mano e comincia la mia?”

Il discepolo indica il punto dove le loro dita si toccano.

Il maestro scuote la testa. “Non c’è alcun punto. La separazione è un’illusione della mente.”

Ad Erding, quella illusione è stata perfetta. Due gruppi di esseri umani, cresciuti nella stessa nazione, parlanti la stessa lingua, governati dalle stesse leggi, si sono visti come nemici mortali per il tempo necessario a far fuoco.

La polizia vedeva terroristi. I soldati vedevano la simulazione. Nessuno vedeva esseri umani.

È esattamente, esattamente ciò che accade in ogni conflitto. Ragazzi di vent’anni da entrambe le parti di un confine che esiste solo nelle mappe, che hanno le stesse paure notturne, che chiamano “mamma” nella stessa intonazione universale del dolore, si ammazzano a vicenda perché qualcuno ha detto loro che appartengono a squadre diverse.

A Erding, per un momento accecante di chiarezza, non c’era nemmeno quella scusa. Non c’era il confine. Non c’era la lingua diversa. Non c’era la storia di odi antichi. C’era solo l’uniforme sbagliata nel posto sbagliato all’ora sbagliata.

E questo è bastato.

Hegel diceva che la storia si ripete: prima come tragedia, poi come farsa. Ma si sbagliava. La guerra non è tragedia poi farsa. È tragedia e farsa simultaneamente. Sempre lo è stata.

Tragedia per chi muore. Farsa per chi la organizza.

Ad Erding, per un giorno benedetto, la farsa è emersa senza il velo della tragedia. Ottocento persone ben pagate hanno giocato a un gioco così intensamente da dimenticare che era un gioco. Altri si sono uniti al gioco senza sapere che era un gioco. E tutti insieme hanno creato violenza reale nel tentativo di simulare violenza immaginaria per prepararsi a violenza futura.

Leggete di nuovo questa frase. Lentamente.

Violenza reale per simulare violenza immaginaria per prepararsi a violenza futura.

È la summa della follia umana. È l’essenza della condizione militare. È la guerra spiegata a un bambino di cinque anni, tranne che un bambino di cinque anni vedrebbe immediatamente quanto è stupido.


Il Nemico ha la Nostra Faccia

Il soldato ferito è stato portato in ospedale in elicottero. Dimesso la sera stessa. Fortunato. Il proiettile l’ha solo sfiorato.

Ma immaginate cosa deve aver pensato in quell’elicottero. Immaginate lo shock, la confusione. “Mi hanno sparato i tedeschi. Io sono tedesco. Stavo difendendo la Germania. Mi hanno sparato i tedeschi.”

In quel momento, in quella vertigine esistenziale, quel soldato ha capito qualcosa che l’umanità cerca disperatamente di dimenticare da millenni: il nemico ha sempre la nostra stessa faccia.

Il poliziotto che ha premuto il grilletto, cosa pensava? “Sto difendendo i cittadini. Sto facendo il mio dovere.” E aveva ragione. Stava facendo il suo dovere. Stava difendendo i cittadini. Dal loro stesso esercito, a loro insaputa, in una guerra che nessuno aveva dichiarato contro nessuno.

È perfetto. È poetico. È terrificante.

Perché dimostra che non serve un nemico reale per creare violenza. Serve solo la percezione del nemico. Serve solo dire: “Quello è l’altro. Quello è il pericolo. Quello va fermato.”

E in un battito di ciglia, il collega diventa l’avversario. Il connazionale diventa la minaccia. L’essere umano diventa il bersaglio.

Quanto ci vuole? In questo caso, qualche minuto tra le cinque del pomeriggio di mercoledì e l’arrivo delle ambulanze.

Quanto ci vuole in una guerra vera? Più o meno lo stesso. Qualcuno grida “Al nemico!” e il ragazzo che fino a ieri era semplicemente un ragazzo che giocava a calcio in un altro paese diventa il mostro che devi uccidere per sopravvivere.


La Guerra Gioca da Sola

L’esercitazione “Marshal Power” è continuata. Proseguirà fino al 29 ottobre. Con protocolli di comunicazione migliorati, presumibilmente. Con più attenzione. Con più sicurezza.

Ma la domanda vera, quella che nessuno fa, è: perché continuiamo a giocare a questo gioco?

Ottocento persone che simulano la difesa da un nemico che non esiste. Milioni di euro spesi per prepararsi a una guerra che forse non arriverà mai. E se arriverà, sarà perché qualcun altro, da qualche altra parte, sta facendo la stessa identica esercitazione, sta giocando allo stesso identico gioco, sta tracciando le stesse identiche linee immaginarie.

La guerra si alimenta da sola. Non ha bisogno di nemici reali. Crea i suoi nemici semplicemente preparandosi per loro.

Ad Erding, la guerra ha giocato da sola. Ha fatto le parti di tutti i protagonisti: aggressore e difensore, attaccante e vittima, invasore e invaso. È stata una guerra civile in cui tutte le parti civili erano dalla stessa parte ma non lo sapevano.

È stata la guerra nella sua forma più pura: violenza organizzata che esiste per il semplice fatto di essere stata organizzata.


Mentre scriviamo questo pezzo, in qualche base militare europea, altri soldati si stanno preparando. In qualche aula, altri generali stanno pianificando. In qualche ufficio ministeriale, qualcuno sta approvando il budget per la prossima esercitazione.

E tutti, tutti, sono convinti di stare lavorando per la pace. Per la sicurezza. Per la difesa.

Nessuno si ferma a chiedersi: difesa da cosa? Se tutti ci stiamo preparando a difenderci, chi è che attacca?

La risposta è agghiacciante nella sua semplicità: ci stiamo preparando a difenderci da tutti gli altri che si stanno preparando a difendersi da noi.

È un gioco di specchi dove ogni riflesso punta un’arma contro il riflesso successivo, all’infinito.

Ad Erding, per un giorno, gli specchi si sono rotti. Il riflesso ha sparato all’originale. L’originale ha sparato al riflesso. E nessuno dei due era reale.

Era tutto simulazione. Tranne il sangue.


Il soldato ferito tornerà al servizio. La polizia riprenderà le ronde. I cittadini dimenticheranno lo spavento. Le indagini concluderanno con un rapporto burocratico.

Ma quella pallottola vera, sparata per errore in un gioco che simula ciò che speriamo non accada mai, quella pallottola racchiude tutta la verità sulla guerra che continuiamo a non voler vedere:

Non abbiamo bisogno di nemici per farci del male. Ci facciamo male benissimo da soli.

E lo chiamiamo difesa nazionale.

L’esercitazione continua. La prossima settimana, stessa ora, stesso posto. Portate il vostro elmetto. E verificate bene da che parte state giocando. Potrebbe fare la differenza tra simulazione e ospedale.

Oppure no.

Non perderti questi consigli!

Non inviamo spam! Leggi la nostra Informativa sulla privacy per avere maggiori informazioni.

Controlla la tua casella di posta o la cartella spam per confermare la tua iscrizione

articolo Racconto Breve 2025adulti che giocanoanalisi culturaleassurdoBavierabuddismo zenBundeswehrcritica alla guerracritica socialecronaca internazionaledifesa nazionaleErdingerrore di comunicazioneesercitazione militarefilosofia della guerrafuoco amicoGermaniaguerraHegelillusione del nemicoincidente militareMarshal Powermetafora bellicamilitarismopacifismopolizia tedescasatirasimulazionesocietà contemporaneaviolenza

Navigazione articoli

Previous post
Next post

Related Posts

articolo

Le Due Italie: Quello che Diciamo sui Migranti e Quello che Facciamo Loro

Posted on 5 Novembre 2025

C’è una storia, quest’anno, che pesa più di tutti i numeri. È la storia di Satnam Singh. Un bracciante morto dissanguato, scaricato davanti casa con il braccio amputato in una cassetta della frutta.

Questa non è cronaca nera. È il manifesto di quella che il Dossier Statistico Immigrazione 2025 chiama una “sottoguerra mondiale contro i poveri”.

Abbiamo costruito un racconto tossico di “invasione”, ma la verità, scrive il dossier, è un “paradosso populista”: gridiamo “non possiamo accoglierli” mentre le nostre imprese implorano per avere manodopera, in un’Italia che sta scomparendo per denatalità.

Come si tiene in piedi questa bugia? Costruendo una “fabbrica dell’illegalità”. Chiamiamo questa macchina “Decreto Flussi”, ma è una lotteria truccata: nel 2024, solo il 7,8% delle quote si è trasformato in un contratto. Il sistema è fatto per creare un esercito di “invisibili” ricattabili, come Satnam.

Il Dossier 2025 non è un libro sui migranti. È uno specchio. Ci mostra le nostre due facce: quella che difende i confini e quella che ha un disperato bisogno di qualcuno che raccolga i pomodori.

Read More
domenicale

L’Uomo di Polvere

Posted on 29 Giugno 2025

Il mondo di Elia era un’incudine di terra secca e il sole era il martello. Senza un tetto a fargli da scudo, ogni raggio lo colpiva direttamente, un castigo fisico che gli bruciava la pelle del collo e delle braccia. Il cappello di paglia era un’illusione di sollievo, una fragile…

Read More
domenicale

Finale: La Parola è Verità

Posted on 22 Giugno 2025

Si sedette alla scrivania. Sullo schermo del computer, c’era ancora aperto il suo lavoro: note, analisi, bozze di discorsi. Materiale che aveva contribuito alla “vittoria” di cui Terzi si era vantato. Lo guardò con distacco, come un archeologo guarda i resti di una civiltà perduta. Chiuse ogni finestra. Aprì un documento vuoto. Il cursore lampeggiava nel bianco, un piccolo cuore pulsante nell’oscurità.

Gli tornò in mente la frase del Vangelo di Giovanni che aveva letto pochi giorni prima, una vita fa. “Santificali nella verità. La tua parola è verità”.

Quale parola? Quale verità? La parola della Curia, cesellata per non offendere i potenti e per preservare i privilegi? La verità di una legge di compromesso, che salvava i principi e dimenticava le persone? O la parola rotta, ansimante, del professor Carini? La verità di un uomo che, di fronte alla fine, chiedeva solo pace?

Valerio posò le dita sulla tastiera. Non stava scrivendo una memoria per un superiore o un’analisi strategica. Stava per compiere l’unico atto di vera obbedienza che gli fosse rimasto. Obbedienza a quella verità nuda, scomoda, che aveva incontrato in un appartamento di Prati.

Read More

Lascia un commento Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

  • 16 Novembre 2025 by tommaso Maria, serva o regina? Quando la teologia diventa ideologia
  • 15 Novembre 2025 by tommaso El Rodeo. Giorni senza nome
  • 14 Novembre 2025 by tommaso SAFARI UMANO
  • 13 Novembre 2025 by tommaso SAFARI UMANO
  • 12 Novembre 2025 by tommaso SAFARI UMANO

Commenti recenti

  1. Adriana su I Guardiani che Divorano Sé Stessi
  2. Francesco su Halloween: Quando le Zucche Raccontano l’Anima dell’Italia
  3. tommaso su Dalla Piramide alla Galassia: Ripensare la Comunità Spirituale
  4. Reinaldo Nann su Dalla Piramide alla Galassia: Ripensare la Comunità Spirituale
  5. Alfredo Gargiulo su San Francesco a mare: il paradosso della devozione

Archivio

  • Novembre 2025
  • Ottobre 2025
  • Agosto 2025
  • Luglio 2025
  • Giugno 2025

Categorie

  • articolo
  • domenicale
  • Foto Poesia
  • Le vostre storie
  • podcast
  • promo
  • Racconto Breve
©2025 Tommaso Autore | WordPress Theme by SuperbThemes