Francesco siede su una pietra, vicino alla Porziuncola. Ha le mani callose, la tunica rappezzata. Guarda chi lo ascolta con occhi chiari, un po’ tristi, un po’ sorridenti.

“Fratelli, sorelle… mi hanno detto che vogliono fare una festa. Una festa per me. Una festa di tutto il regno, con le bandiere, i palazzi chiusi, i discorsi importanti.
E io… io non capisco.
Vedete, quando ero giovane e ricco, amavo le feste. Mio padre mi dava i soldi e io li spendevo tutti in banchetti, in vestiti, in musica. Mi piaceva essere al centro, essere ammirato. Ma era tutto vuoto, fratelli. Tutto vuoto come un otre bucato.
Poi il Signore mi ha chiamato. Mi ha fatto abbracciare i lebbrosi – quelli che tutti scansavano per strada. Mi ha fatto baciare le loro piaghe. E lì ho capito: Cristo non sta nelle feste, sta nei poveri. Non sta nelle celebrazioni, sta nella strada con chi soffre.
Adesso mi dicono: ‘Francesco, sei patrono d’Italia. Ti faremo una bella festa. Tutti si fermeranno a ricordarti.’
Ma io vi chiedo: e i poveri? Con quei soldi – quanti sono? Dieci milioni? Venti? – quanti poveri si potrebbero sfamare? Quanti lebbrosi si potrebbero curare? Quante chiese cadenti si potrebbero riparare?
Io vendetti i tessuti di mio padre per riparare San Damiano. E adesso spenderete milioni per una festa con il mio nome?
E poi, fratelli… c’è un’altra cosa che mi spezza il cuore.
Voi sapete di Pietro? Pietro Valdo, di Lione. Un mercante, come lo era mio padre. Anche lui sentì la chiamata del Signore. Anche lui vendette tutto. Anche lui si mise a predicare il Vangelo, scalzo, povero, fratello di tutti.
Sapete cosa gli hanno fatto? Lo hanno chiamato eretico. Lo hanno scacciato. I suoi seguaci – brave persone, fratelli, che volevano solo vivere come Cristo – li hanno perseguitati, bruciati, massacrati. Per secoli.
E sapete la differenza tra me e Pietro? La fortuna. Io ho incontrato un Papa che mi ha ascoltato. Lui no. Tutto qui. Non ero più santo di lui. Non ero migliore. Ho solo avuto più fortuna.
E adesso i figli dei figli dei figli di quei fratelli perseguitati – i valdesi, nelle valli del Piemonte – dovrebbero festeggiare me? Il santo della Chiesa che ha ucciso i loro nonni?
Fratelli, vi sembra giusto?
Si alza, fa qualche passo, guarda un uccellino su un ramo

Vedete quel passerotto? Non è cattolico. Non è valdese. Non è musulmano. È semplicemente creatura di Dio. E Dio lo nutre, gli dà il seme, l’acqua, il nido.
Così dovremmo essere noi. Non divisi per chi è santo e chi è eretico, per chi festeggia e chi no. Ma fratelli. Tutti fratelli.
Io andai dal Sultano, in Egitto. Un musulmano. I cristiani mi dissero: ‘Francesco, è un infedele, un nemico!’ Ma io andai lo stesso. E sapete cosa trovai? Un uomo. Un fratello. Uno che cercava Dio a modo suo.
E adesso mi fate patrono solo dei cattolici? Solo dell’Italia?
No, fratelli. Se proprio volete ricordarmi, fatelo così: sedetevi alla stessa tavola. Non voi che servite e loro che ricevono – no! Ma tutti insieme, come fratelli uguali.
Il cattolico accanto al valdese – e il cattolico chieda perdono per i secoli di persecuzione.
L’ortodosso accanto al protestante.
Il credente accanto a chi non crede – e parlino come amici, non come uno che ha ragione e l’altro che è nell’errore.
Non fate di me un’occasione per dividere. Non fate di me una bandiera da sventolare contro qualcuno.
Perché io non sono venuto a portare divisione, ma pace. Non sono venuto a dire ‘io ho ragione e voi torto’, ma a dire ‘siamo tutti fratelli sotto lo stesso cielo’.
Si siede di nuovo, le mani giunte
E c’è un’ultima cosa, fratelli. Forse la più importante.
Mi dicono: ‘Ma Francesco, la festa è per tutti! Anche per chi non crede! È una festa civile!’
Ma io vi chiedo: se mi togliete Cristo, cosa resto? Un poveraccio che parlava agli uccelli? Un matto che baciava i lebbrosi?
Tutta la mia vita ha senso solo in Cristo. Solo nel Vangelo. Se fate di me un ‘simbolo nazionale’, un ‘patrimonio culturale’, mi state svuotando. State facendo di me una statua, una bandiera, una cosa morta.
E questo è peggio di tutto. Perché io non volevo essere ricordato. Volevo che fosse ricordato Lui. Cristo povero, Cristo crocifisso, Cristo risorto.
Si alza, sorride con tenerezza
Fratelli, sorelle, non fate questa festa. O se proprio la volete fare, fatela così:
Quel giorno, ognuno vada da chi è diverso. Il cattolico bussi alla porta del valdese e gli dica: ‘Fratello, perdona la nostra Chiesa per il male che ti abbiamo fatto.’
Il credente abbracci il non credente e gli dica: ‘Fratello, anche se non credi, sei mio fratello. Costruiamo insieme un mondo più giusto.’
Il ricco apra la sua casa al povero.
E tutti insieme – tutti! – andiamo a riparare qualcosa di rotto. Una chiesa. Una scuola. Una casa. Il cuore di qualcuno.
Questa sarebbe una festa degna del Vangelo. Non le bandiere, non i discorsi, non il giorno di riposo.
Ma il servizio. La fatica. L’amore.
Pace e bene, fratelli. Pace e bene.”
Si allontana, scalzo, canticchiando una lode al Creatore. Un cane randagio gli corre dietro. Francesco si china, gli accarezza la testa, gli dà un pezzo di pane.

